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Nell’estate del 2018 era tutto diverso. O meglio qualcosa da allora è rimasto uguale, ma sicuramente non respiravo così affannosamente. L’ansia c’era, eccome se c’era. Una mia caratteristica è che arrivo sempre tirato su tutto. Probabilmente non mi piace proprio rendermi la vita semplice, tutt’altro, cerco in tutti i modi di complicarmela. E quell’estate non fu da meno. 

Dopo aver in tutta fretta finito la tesi, terminato il tirocinio, non mi rimaneva altro che aspettare il giorno della proclamazione. Nel contempo stavo frequentando una ragazza G, una giovincella che non mi lasciò molto. Anzi, non mi lasciò proprio niente. E con niente, intendo che è da allora che non ho più notizie di lei. Non so se è viva, morta, se sta studiando, se passa le giornate a dormire o a pregare. 

senza mai interrogarsi che cosa ne sarebbe rimasta di quella relazione

Eravamo di due mondi completamente diversi (come con tutte le ragazze che frequento del resto, ndr), il suo con la famiglia medio-borghese che vuole in tutti i modi elevarsi e il mio, un mondo a sé stante. L’unica cosa che so è che durante il mese d’agosto ci perdemmo completamente di vista e finimmo per non sentirci più. Quello che mi diede fastidio non fu tanto la fine della relazione, di quello fui particolarmente sollevato, ma il modo in cui lo fece. Morì così, come se nulla fosse. Fino ad allora non credevo che ciò fosse possibile, che due persone si voltassero completamente dandosi le spalle e lasciandosi dietro tutto quello che c’è stato. Come se due dottori, trovandosi davanti una paziente con una ferita nemmeno così grande, la lasciassero lì moribonda uscendo da due porte diverse e andandosene altrove. Senza mai interrogarsi che fine avrebbe fatto la paziente, senza mai interrogarsi che cosa ne sarebbe rimasta di quella relazione.

una forma perfetta non esiste, esiste quello che è

Prima che succedesse tutto ciò ci fu ancora luglio in cui, vedendo un mio compagno dell’Università in partenza per Londra, mi venne la brillante idea di raggiungerlo. Avevo sempre voluto vedere Londra, però fino ad allora non avevo mai trovato l’occasione giusta per farlo. Se devo essere sincero, pensandoci appieno nemmeno quella fu l’occasione giusta, fu semplicemente un’occasione che colsi appieno. Alla fine ci facciamo tante pare su come dovrebbe essere la forma perfetta, ma una forma perfetta non esiste, esiste quello che è. E quello non fu altro che un viaggio disorganizzato, viaggio di cui mi ringrazio ancora per averlo intrapreso. 

mi sentii più libero del solito

In Inghilterra successero tante cose, camminammo come pazzi, visitammo quanto si potesse visitare senza dover ipotecare un rene, i musei, Bucking Palace, il Big Ben ancora in ristrutturazione come il mio umore. La Tower Bridge, l’Abbazia di Westminster in cui, nonostante lo sgattaiolare via, dovemmo ritornarci per riprenderci il capello dimenticato. La barche come case lungo il fiume, le miriadi scartoffie per terra, i tramezzini al discount, il binario 9 3/4, il biglietto per Brighton che ci costò meno al ritorno e molto altro. Fu una bella esperienza, era la prima volta che viaggiavo veramente senza aver bene in testa che piano seguire. Mi sentii più libero del solito. 

per lei non era semplicemente una canzone passata per caso

Di tutte le cose successe e i posti visti mi vorrei soffermare su un particolare episodio che mi capitò a Camden Town. Stavamo gironzolando tra le bancarelle dei mercatini di Camden quando all’improvviso sentii in sottofondo una canzone che conoscevo bene. Non ci misi molto a rendermi conto che fosse 21 Grammi dei Duplici. Fui veramente sorpreso ed euforico da ciò, anche perché mai mi sarei aspettato di sentire una canzone così underground italiana provenire da una bancarella di Camden. Riconoscendo la canzone gridai subito il titolo verso il mio amico e la ragazza della bancarella, sentendomi, si complimentò per averla riconosciuta. Ciò mi rese ancora più felice, perché compresi che per lei non era semplicemente una canzone passata per caso, ma molto di più.

diventa parte integrante del tuo essere

Per me 21 grammi è una canzone molto importante, che ha un posto speciale nel mio cuore. È una di quelle canzoni che non ti stanca mai nonostante tu ormai la conosca per filo e per segno. Diventa parte integrante del tuo essere, di cui si abbraccia ogni aspetto, ogni visione.

valiamo perché semplicemente esistiamo

Sfido chiunque almeno una volta nella propria vita a non essersi interrogato sull’esistenza dell’anima. Per chi non lo sapesse 21 grammi deriva da uno studio che fu fatto tempo fa, nella quale si evidenziava che il corpo di una persona a seguito della morte diminuisse di 21 grammi. Da qui, si ritenne (almeno popolarmente) che l’anima esistesse e pesasse appunto quell’ammontare. Nella cultura di massa questo concetto è stato più volte ripreso, basti pensare al film con l’omonimo titolo di Iñárritu, che viene a sua volta citato da Marracash in Body Parts – I denti. Non vorrei soffermarmi più di tanto sull’esistenza o meno di essa, ma sul concetto che vuole esprimere questa canzone. Che esista o meno poca importa, quello che trovo rilevante è che dentro di noi racchiudiamo tutto quello che è successo, tutto quello che sta succedendo e tutto quello che deve succedere. Anche se tutto quello che affrontiamo ci porta a volte a pensare che non valiamo, anche se le altre persone non ti ascoltano, non ti calcolano, non riescono mai a mettersi nei tuoi panni. Anche se nulla di tutto ciò che pianifichi segue i tuoi piani. Noi valiamo. E lo facciamo non solo perché siamo tutto quello che ci è successo, tutte le emozioni, i sentimenti che abbiamo provato, ma valiamo perché semplicemente esistiamo. E per quanto può sembrare scontato, esistere è la cosa più preziosa che ci è mai stata regalata. Ed esistere comporta sorrisi, pianti, fiducia, inganni, sogni, incubi, baci, tagli, albe, tramonti e quanto di più meraviglioso ci succede ogni giorno.

che siamo particelle,

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