Maschera

Non so come mi sia passato per la testa di venire a vederti. Credo la noia. Sono seriamente convinto che non ci sia niente di più imprevedibile e pericoloso di una persona annoiata. Si finisce a fare del male a sé stessi o agli altri. 

Non so come mi sia passato per la testa di venire a vederti. Credo il voler farti del male. Sapevo che era un momento speciale per te. Me lo avevi detto. E io me lo sono ricordato. Non mi era andata giù come per l’ennesima volta ci eravamo lasciati, ancora a prendercela per cose stupide. E io sapevo che questo momento lo avrei potuto rovinare. 

Non so come mi sia passato per la testa di venire a vederti. Credo comunque il mio interesse per te. Di solito sono una persona che trova mille ragioni per non fare qualcosa di cui non conosco pienamente a cosa porterà il risultato. In questo caso significa che ne ho trovate mille e uno per comunque rischiare. 

Mi sono divertito, tutto sommato.

Il momento in cui non trovo le cartine e allora torno indietro ricordandomi il preciso momento in cui avevo sentito il suono di qualcosa cadere a terra. Così appena le vedo, il mio sollievo viene infranto dal ragazzo davanti a me che le tira un calcio. Così al “ma quelle erano le mie cartine” il ragazzo mortificato le prende e me le ridà scusandosi. Non sono riuscito a prendermela, vuoi perché niente poteva rovinare il momento che sarebbe arrivato da lì a poco, vuoi perché la scena, se vista da fuori, faceva terribilmente ridere. 

Il momento in cui mi decido di prendermi qualcosa da bere al P40 e mi trovo davanti a me una signora anziana che beve da sola. Quando la cameriera insistendo decide di portarmi le patatine, dopo averne presa una dalla mia ciotola per offrirgliela ad una bambina, dopo che il padre della bambina non accentando il trattamento differente si butta sulla mia ciotola come se fosse un buffet, l’espressione della signora dopo aver visto la mia disapprovazione è qualcosa che mi porterò dietro per molto tempo per avermi fatto così ridere. Anche in questo caso non sono riuscito a prendermela, differentemente dal solito. Vuoi perché la situazione aveva assunto qualcosa di inspiegabilmente grottesco, vuoi che subito dopo la signora indicandomi delle ragazze ne uscì con “Sono delle belle ragazze eh? Sono molto belle eh?”. Anche lì non sono riuscito a trattenermi.

Dopo il momento in cui un vu cumprà si approccia facendosi chiamare “no grazie” ho pensato che la linea comica di questa serata potesse giungere a termine e me ne sono andato venendoti in contro. 

Quando ti ho rivista stavolta era proprio la scena che avevo immaginato. Mi sono avvicinato e mi sono messo di fronte a te, guardandoti negli occhi. Non so cosa hai provato in quel momento, immagino tanto fastidio, chissà se mi hai odiato, chissà se hai visto il male in me. Dopotutto la mia espressione arrogante, con quel sorriso accennato so bene che è qualcosa di detestabile. Mi ero preparato anche la frase nel caso mi avessi detto qualcosa, però devo dire che non ti sei scomposta e non hai detto niente, come da prassi che dovevi tenere. A quel punto ho detto che poteva bastare e me ne sono andato. 

Mi è dispiaciuto ricontarti davanti a casa tua, ma ti assicuro che è stato una casualità. Ho preso l’abitudine di parcheggiare lì, quindi non ti stavo seguendo. Purtroppo, come un diavolo che si rispetti, anche io ho sempre il tempismo dalla mia. Non volevo spaventarti al punto di farti cadere le chiavi di casa chiamandoti per nome, però anche in questo caso non potevo più farci nulla. Mi dispiace. 

Ho capito due cose da questa serata. Che nonostante fossi tu quella mascherata, anche io senza maschera non ero da meno.  Per quanto mi piaccia questo gioco delle provocazioni, la cosa che più mi ha fatto piacere è stata vederti, vederti di sfuggita, vederti fare qualcosa in cui credi ciecamente, vederti comunque forte davanti a queste situazioni in cui una persona può facilmente crollare. E poi che devo lasciarti in pace. E questo farò. 

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